dio e' morto: il libro

Proclama sulla presunta ‘morte’ di dio.


Domanda: “Dio è morto?.Risposta - da prendere proprio alla lettera -: “Nemmeno per sogno!.
Infatti, anche chi avrebbe voluto, o dovuto, ‘ucciderlo’ – chi ancora ‘crede’ di averlo ucciso – ne è diventato in realtà quasi sempre solo l’ennesimo orfano inconsolabile, tenendolo così ben vivo ed operante dentro di sé. E vivo ed operante al livello più pericoloso, cioè al livello di un inconscio non riconosciuto come tale. Non riconosciuto, in altre parole, per ciò che è relativamente alla nostra possibilità di ‘sondarlo’, una possibilità che si arresta, che deve arrestarsi, a quanto può permettere un suo uso puramente strumentale, eventualmente terapeutico… mentre illudersi di sondarlo oltre questo uso vorrebbe solo dire sprofondare in un pozzo senza fondo nel quale inevitabilmente perdersi. Il che significa lasciare libero questo inconscio di agire fuori controllo qualora si fosse convinti di poterlo controllare: lasciato in sostanza, di fatto, tutto interno al ‘sonno della ragione’. E un dio che occupa il posto di un inconscio non riconosciuto per ciò che è – cioè inconoscibile nella sua natura originaria – può diventare un dio ferocemente vendicativo, messo in grado di disporre dispoticamente senza incontrare resistenza di chi ‘lo rimuove’. Ripensare l’ateismo per difendere il futuro.Con lo stesso risultato di quando si presume, da parte di certo clero psicanalitico, di ‘interpretare’ l’inconscio con il non-confessato-a-se-stessi intento di padroneggiarlo… puro riflesso delle ‘interpretazioni’ di dio operate dai teologi.
Per cui, non solo dio non è morto, ma se gli uomini non riusciranno a liberarsene davvero nel solo modo possibile e il prima possibile, ad ‘ucciderlo’ dentro di sé smettendo di evocarlo come se fosse un interlocutore attendibile, e soprattutto smettendo di ‘sostituirlo’ col dare credito a sempre nuovi miti, sarà dio ad uccidere gli uomini. Se i miti (la mitopoiesi) - di per sé ineliminabili in quanto scaturiti dall’inconscio - continueranno ad essere ‘razionalizzati’ solo a proprio danno, sarà dio ad uccidere gli uomini.
E occorre liberarsi di dio il più presto possibile perché ormai non resta più molto tempo per procrastinare questa ‘resa dei conti’ nella speranza di rimediare ai danni - che il rinvio sta ogni giorno di più rendendo irreparabili - facendoli come sempre subire e pagare ai soliti fiduciosi credenti di una qualsiasi fede… i quali però in passato avevano almeno la possibilità, trovandosi traditi nella loro fiducia, di ‘ri-credersi’, mentre ora a farne le spese potrà essere l’intera umanità, credenti e non credenti. Perché in grado oggi, questa umanità, con i mezzi da lei stessa scientificamente (vale a dire – per la ‘deriva teologica’ che caratterizza sempre più anche la scienza – tecnicamente) elaborati, di liberarsi ‘finalmente’ della dimensione astratta in cui si è sempre fatta cacciare da dio e di proiettarsi concretamente (tecnicamente, appunto: vale a dire non più solo in modo rituale, ‘teorico’ – anche se spesso disumanamente sacrificale) ‘aldilà’ dello spazio e del tempo.
Eros (l’istinto di vita), ciò che a suo tempo ha ‘creato dio’ puntando sulla trascendenza, sull’‘oltre-sé’, per sfuggire a Thanatos (l’istinto di morte) potrà avere finalmente la meglio su quest’ultimo… ma al prezzo paradossale – per togliere la morte dalla vita – di proiettare concretamente (tecnicamente) quest’ultima oltre se stessa, in braccio alla trascendenza.
Eros – l’istinto di vita degenerato ormai da tempo, e forse in modo ormai irreversibile, in vitalismo, cioè in sfida alla morte per ‘dimostrare’ la propria supremazia su di essa – potrà proiettare definitivamente l’uomo in braccio a dio: di fatto in braccio a quel nulla d’esperienza da cui ha sempre cercato – legittimamente per altro, perché necessariamente, in quanto esigenza ineliminabile della condizione umana – di fuggire. Cioè in braccio alla morte. Definitivamente.